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venerdì 27 marzo 2015

11 SETTEMBRE E FREE ENERGY: INDAGINI SCIENTIFICHE SPIEGANO IL COLLEGAMENTO

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.

L’11 settembre è una data importante per me. Prima di tutto perché è il mio compleanno, la data in cui ho sempre festeggiato spensieratamente la fine dell’estate e l’incedere degli anni insieme ai miei cari. Almeno fino al 2001.
Quell’anno lavoravo da pochi mesi per un’azienda che si occupa di web monitoring (monitoraggio di media online) e stavo scartando dei pasticcini da offrire ai colleghi, quando uno dei net clipper della redazione (letteralmente: «ritagliatori di articoli online») corse da noi trafelato, ripetendo ad alta voce: «È giù il sito della CNN! È giù il sito della CNN! Dev’essere successo qualcosa di grosso...». Solo qualche minuto dopo capimmo che i server del sito della più importante news tv del mondo erano stati mandati in tilt da milioni di utenti collegati insieme, per seguire in diretta quanto stava accadendo: un aereo aveva colpito una delle due torri gemelle del World Trade Center di New York. Noi tutti corremmo al bar più vicino – in ufficio non c’erano tv – per seguire quell’incredibile evento, col fiato sospeso. Qualche minuto dopo un secondo aereo colpì la seconda torre, e tutti noi, insieme a milioni di persone in tutto il mondo, ne fummo testimoni oculari.

Tutte le tv del mondo stavano trasmettendo esattamente lo stesso video, con la stessa inquadratura, nello stesso momento. Le torri e gli edifici limitrofi (tutti quelli facenti parte del complesso denominato «WTC», sette edifici in totale) collassarono su se stessi di lì a breve. L’ultimo di essi, il WTC7, crollò nel pomeriggio inoltrato, diverse ore dopo il primo crash. Notizie giunsero anche in merito a un terzo Boeing dirottato dai terroristi che avrebbe colpito la facciata del Pentagono, il centro nevralgico dell’Intelligence statunitense nella città di Washington, senza che neanche in quel caso la potente contraerea degli Stati Uniti fosse riuscita a far nulla. Tra gli effetti di tutto ciò, oltre a un crollo tremendo di tutte le borse e dei mercati, ci fu un’escalation di paura e controlli in tutto il mondo, con l’adozione di misure straordinarie antiterrorismo, incluse nuove leggi – alcune delle quali in aperta violazione della privacy e dei diritti umani dei cittadini – per la prevenzione di futuri «attacchi».


Da allora molti anni sono passati e tanti dubbi sono emersi su quegli eventi. Centinaia di libri e documentari sono stati prodotti, molti dei quali mettono in discussione la versione «ufficiale» su quanto sia successo quel giorno. Su vari fronti, esperti indipendenti si sono schierati apertamente contro la commissione ufficiale che tentò di «spiegare» il crollo delle due torri (e degli edifici limitrofi).
Un anziano e barbuto latitante fu accusato fin da subito di avere architettato e coordinato il più terribile attentato terroristico della storia dell’umanità da una lontana caverna dell’Afghanistan.

http://www.liberidalsistema.com/


Richard Gage, fondatore e presidente dell’associazione «Architetti e ingegneri per la verità sull’11 settembre», è stato invitato di recente da una importante trasmissione televisiva statunitense per sostenere quanto lui e oltre 2000 professionisti indipendenti in tutto il mondo hanno sottoscritto: non è possibile che un aereo faccia crollare una torre costruita proprio per resistere a incendi e terremoti, e anche a disastri aerei di quel genere. E poi che possa farlo allo stesso modo un secondo aereo pochi minuti dopo. E tantomeno questo possa causare il collasso «selettivo» di edifici limitrofi (cioè il crollo circostanziato di alcuni edifici vicini e non di altri), addirittura molte ore dopo il primo impatto, come nel caso del WTC7. E che questo sia avvenuto con «collassi» durati solo pochi secondi (meno di 10 secondi), che sfidano le leggi della gravità e di caduta dei gravi. Ne va della professionalità e credibilità di un’intera categoria (quella degli architetti e degli ingegneri civili, appunto), offesa dalle valutazioni lacunose della commissione.

La Pancakes Theory, utilizzata dalla commissione ufficiale per spiegare il crollo delle due torri, viene quindi duramente criticata: il kerosene contenuto in un Boeing non sarebbe stato sufficiente a creare il calore necessario a «sciogliere» le strutture in acciaio dell’edificio, e non è possibile che il crollo di un piano sull’altro (uno dopo l’altro, come una pila di pancakes, appunto) sia avvenuto in così pochi secondi, come se l’ultimo piano arrivasse a terra «cadendo nel vuoto», senza subire alcun rallentamento dall’impatto coi piani sottostanti. Qualche altra tecnologia dev’essere stata utilizzata per far crollare così rapidamente le due torri e gli edifici limitrofi, in quelle che – a detta degli esperti indipendenti – sembrano più «demolizioni controllate» che crolli dovuti all’impatto di uno o più aerei, o agli incendi conseguenti.
Alla luce di quanto sopra, e a prescindere dal fatto che il mandante di queste «demolizioni controllate» possa essere stato veramente un terrorista afghano, certo occorre farsi più domande di quelle che si sono posti i giornalisti che hanno riportato l’evento sui media di tutto il mondo, imbeccati in merito dalle «versioni ufficiali». Alcuni analisti indipendenti hanno addirittura messo in dubbio l’autenticità dei video presentati durante la diretta (in particolare uno stesso video trasmesso identico da tutte le tv) in cui il secondo crash aereo sembrerebbe un montaggio, frutto di una sovrimpressione preparata ad hoc, come dimostrato da alcune imperfezioni che un esperto di video-editing avrebbe facilmente individuato.

Ma non è finita qui.
La più incredibile scoperta in merito all’11 settembre che mi sia capitato di fare – stimolato nella ricerca da questo mio legame «di nascita» coi tragici eventi segnati da questa data – è stata una «pesante» e approfondita indagine investigativa, supportata da centinaia di prove, video, foto, grafici e rilevazioni scientifiche, raccolte in un volume di oltre 500 pagine intitolato Where Did the Towers Go? Evidence of Direct Free-Energy Technology on 9/11 («Dove sono finite le torri? Prove dell’utilizzo di Free-Energy Direzionale sull’11/9»). Il testo è frutto di un’indagine forense condotta dalla dottoressa Judy Wood, ricercatrice universitaria Ph.D., che ne ha anche fatto oggetto di una denuncia legale allo Stato di New York. Riguardo alle proprie competenze in materia, Wood scrive: «L’oggetto principale delle mie ricerche è sempre stato nel campo della “fotomeccanica”, che prevede l’uso di immagini per determinare le caratteristiche dei materiali [...]. Per questo è assolutamente naturale per me vedere anomalie nel comportamento dei materiali guardandone immagini fotografiche [...]. Mi è capitato a volte di incontrare fenomeni inaspettati che si sono presentati a me come rompicapo. E risolverli mi ha fornito un’ampia esperienza sulle caratteristiche anomale dei materiali e sull’interferenza dei campi elettromagnetici.» Le anomalie riscontrate da Wood nell’analisi dei video, delle immagini e dei dati riguardanti il crollo degli edifici del World Trade Center formano una lista abbastanza impressionante, che neanche una demolizione controllata (con esplosivi militari o con piccoli ordigni nucleari) potrebbe spiegare.

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Scioglimento di travi d’acciaio e strani fuochi senza alcuna emissione di calore; ribaltamento e strani danneggiamenti di oggetti pesanti (incluse auto «tostate» nei parcheggi limitrofi al WTC); incredibile assenza di detriti in corrispondenza degli edifici crollati (da cui la domanda «Dove sono finite le torri?») e invece presenza di enormi nubi di polvere finissima, durate per settimane (da cui il termine «polverizzazione», usato al posto di «crollo»); nessun rumore tipico di crolli del genere percepito dai testimoni sul luogo; dati sismici della zonache non riportano scosse sufficientemente forti o lunghe in corrispondenza dei crolli; centinaia di inspiegabili «jumpers», persone saltate nel vuoto dagli edifici, anche dai piani più alti e non incendiati, senza alcun motivo apparente; mancanza di danni rilevanti ai piani sotterranei e alla «vasca» che contiene il WTC e lo protegge dalle acque dell’Hudson River; mancanza di danni alle linee della metro che passavano proprio sotto le due torri; mancanza di danni agli edifici «al di là della strada» rispetto a quelli crollati; presenza incredibile di sopravvissuti in aree isolate ai piani più bassi delle due torri, che sarebbero dovuti rimanere schiacciati dal crollo di 110 piani sopra le loro teste... e così via.

La lista è davvero lunga e supportata da dati e prove scientifiche. Secondo Wood una qualche forma di energia diversa da quelle «convenzionali» è stata utilizzata per la demolizione degli edifici del WTC, una forma di energia «direzionale», una sorta di «campo di forza concentrato», capace di sciogliere e polverizzare in maniera localizzata quanto presente in una determinata area (cemento, acciaio, persone) e lasciare completamente intatto tutto quanto era nelle immediate vicinanze e al di sotto degli «obiettivi».
Si tratterebbe quindi di una «Nuova Hiroshima», in cui sarebbe stata dimostrata al mondo intero la capacità di controllare una nuova forma di energia a scopi «terroristici» (o «militari»). Come durante la seconda guerra mondiale era accaduto con la fissione nucleare – poi utilizzata anche a scopi civili per la produzione di energia elettrica – ora una nuova forma di energia sarebbe stata svelata al mondo intero. E secondo Wood essa potrebbe avere a che vedere con gli studi più avanzati di Nikola Tesla – bloccati da J. P. Morgan per i motivi che abbiamo visto – probabilmente portati avanti in segreto da altri dopo la sua morte (e sappiamo che lo stesso Tesla collaborò coi militari prima di morire, non avendo altre forme di sostentamento, convinto da essi a sfruttare il suo genio proprio per ideare il cosiddetto «raggio della morte»).

È indubbio che tanti scienziati indipendenti si siano misurati finora con le cosiddette tecnologie «Free Energy», ed esistono serie possibilità che – tra le migliaia di fallimenti e bufale circolanti – qualcuno di essi sia davvero riuscito a ottenere energia pulita e libera da fonti innovative, a basso impatto e a basso costo (fusione fredda, energia del vuoto, elettromagnetismo, motori magnetici o gravitazionali, o chissà cos’altro), capaci di risolvere la dipendenza dell’umanità dalle fonti fossili, come anche di essere trasformate in potenti armi di distruzione. Come già accennato in precedenza, la scelta di chi dovesse ottenere questo grande risultato sembrerebbe oggi ristretta a due possibilità: brevettare la propria scoperta per metterla sul mercato (rischiando di essere «convocato» dai militari, «comprato» dalle lobby del settore, o fatto «sparire», come successo ad esempio a Tesla, Reich, Majorana e Mallove); oppure tenerla ben nascosta nel «garage di casa», evitando di sfruttarla commercialmente e di esporsi troppo per non subirne le conseguenze.
Come hanno fatto ad esempio Ighina, il quale non brevettò mai le sue scoperte, morendo quindi tranquillo e ignorato nella sua casa di Imola, e l’eccentrico ricercatore canadese John Hutchison, tirato in ballo da Wood insieme a Tesla per spiegare alcune anomalie riscontrate l’11 settembre, e che pare sopravviva vendendo su Internet strani oggetti «fusi» durante i suoi esperimenti...

Forse mi sarò dilungato a rincorrere bizzarre «teorie del complotto» (così definite dalle solite scimmie rosse, storicamente imbeccate dalla CIA...), ma ciò che credo con fermezza è che, grazie alle scoperte scientifiche che sono sul punto di emergere nell’ambito dell’energia e del suo sfruttamento, è certo che l’umanità si trovi a un punto di svolta, in cui – usando le parole di Wood al termine della sua indagine – «controllare l’energia, in base al tipo di energia, può distruggere o salvare il pianeta. Ora abbiamo una scelta. E la scelta è reale. Possiamo vivere felicemente nella prosperità, oppure distruggere il pianeta e morire, insieme a ogni essere vivente che lo abita
Per questo oggi più che mai è fondamentale che ognuno di noi, a partire dalla propria vita quotidiana, faccia scelte consapevoli anche in merito all’energia che utilizza.


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STELLE IN BARATTOLO: FUSIONE FREDDA FAI-DA-TE POSSIBILE ANCHE "A CASA"

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.

Non riuscì a morire di vecchiaia lo scienziato Eugene Mallove, la cui indagine scientifica circa il tema della «fusione fredda» toccò interessi troppo al di fuori della sua portata. Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di ricostruire i fatti.

Tutto partì quando, nel 1989, due professori universitari di elettrochimica, Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciarono al mondo la scoperta della fusione «a freddo» in una conferenza stampa. Spiegarono che era possibile produrre energia pulita a costi irrisori mediante un semplice procedimento elettrochimico, capace di innescare reazioni di fusione nucleare a bassa temperatura.

Questa nuova tecnologia avrebbe garantito energia pulita per tutti e posto fine a gravi squilibri economici che avvantaggiavano esclusivamente lobby occidentali.

Furono forse quelle lobby a mettere fine alla carriera dei due scienziati che, poco dopo il loro clamoroso annuncio, furono costretti a ritirarsi a vita privata. Ma poiché la notizia della possibile realizzazione di energia dalla fusione a freddo era ormai di dominio pubblico,
era necessario screditare tutte le ricerche di Fleischmann e Pons. Le prime obiezioni del mondo accademico all’eccezionale scoperta giunsero dalla conferenza della Società Americana di Fisica (APS), che smentì tutti gli effetti misurati dai due scienziati. Arrivò poi una seconda smentita dai ricercatori del laboratorio di Oxford, e una terza da uno speciale gruppo di ricercatori incaricati dal Dipartimento dell’Energia Statunitense (DOE). Poco dopo arrivò anche una quarta e più autoritaria smentita da parte del MIT (che negli Stati Uniti è considerato il «tribunale della scienza»), il quale definì la fusione fredda come «mera spazzatura».

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In sostanza, si trattò di una serie di «scomuniche scientifiche» che infangò per sempre l’autorevolezza dei due scienziati. Ma fu proprio allora che Eugene Mallove, un autorevole ricercatore che ai tempi lavorava proprio al MIT in veste di caporedattore scientifico dell’ufficio stampa, fece una scoperta che riaprì il caso. Rimettendo mano ai documenti dello stesso MIT, Mallove si accorse che la relazione decisiva sulla fusione fredda era stata inspiegabilmente manipolata.

I risultati positivi dei test erano stati tenuti nascosti falsificando i documenti. Mallove fu talmente indignato dall’accaduto che, per protesta, non esitò a dimettersi dal MIT, a rischio di compromettere la propria brillante carriera. Nel 1991 pubblicò un libro inchiesta intitolato Fire from Ice, in cui denunciò la deliberata soppressione dei risultati sulla fusione fredda ottenuti dal MIT e da altri laboratori in tutto il mondo da parte dei gruppi di potere accademici.

«Non c’è alcun dubbio che la fusione fredda non sia un errore», scrive Mallove. «Credere che centinaia di scienziati in tutto il mondo abbiano commesso sistematicamente errori riguardo le anomalie nucleari misurate significa distorcere il significato di prova scientificafino a un assurdo limite. (...) Continuare a ignorare la fusione fredda è patologico».
 Patologico, cioè frutto di un Sistema «malato». Mallove non fece una bella fine. Perse la vita a 57 anni di morte violenta. Alcuni sconosciuti lo massacrarono a bastonate nella notte del 14 maggio 2004 e gli inquirenti archiviarono il caso come tentativo di rapina.

http://www.metodorqi.com/libro.html


In Esperimenti scientifici non autorizzati di Marco Pizzuti è descritto il procedimento per costruire una cella a fusione nucleare fredda «fai-da-te». Serve davvero poco: un trasformatore con voltaggio regolabile, un portafusibili cilindrico, un fusibile a bussolotto, due morsetti a coccodrillo, un paio di guanti isolanti, quattro morsetti, una piastra metallica, due cavi elettrici, due elettrodi, un barattolo di vetro, una tavoletta di legno, cinque cucchiai di bicarbonato di sodio (un altro dei 1000 usi di questa sostanza...), un contenitore trasparente, un foglio di piombo e acqua distillata. Sono tutti materiali facilmente reperibili e relativamente economici. Con un po’ di pazienza e competenze (mi raccomando, se non le avete «don’t try this at home!») lo si può costruire da soli. Quando la reazione si innescherà, all’interno del barattolo si creerà una piccola stella. La fusione nucleare è proprio il meccanismo per cui si originano le stelle.


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COME SFRUTTARE L'ENERGIA "ORGASMICA"? ECCO I SUOI UTILIZZI NELLE SCOPERTE DI REICH

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.

Oltre alla storia di Tesla, va ricordata anche quella di un altro ricercatore poco noto, che scoprì un’altra forma di energia gratuita e sempre disponibile e trovò anche il modo di utilizzarla per fini terapeutici. Il personaggio in questione è Willhelm Reich, ricercatore austriaco nato alla fine del diciannovesimo secolo e allievo di Sigmund Freud.
Reich iniziò la sua carriera professionale interessandosi in modo particolare alla sfera sessuale. Scrisse saggi per spiegare come, nella società contemporanea, la sfera sessuale fosse stata repressa dai sistemi di potere dittatoriali o di controllo, e come tale repressione abbia avuto dei risvolti concreti nel nostro vivere quotidiano.

Tuttavia, mentre era impegnato in tali «scomode» ricerche, Reich fu costretto a emigrare negli Stati Uniti. E nel Nuovo Continente lo psicologo cominciò a sviluppare altri interessi, legati al mondo dell’energia. Infatti scoprì che esiste una sorta di energia che pervade tutto l’universo e che non viene in alcun modo considerata dalle teorie della Fisica studiate fino ad allora (essendo quindi in accordo con le teorie di Tesla, ad esempio, anch’esse in contraddizione con quelle accettate in ambito accademico).

Reich si spinse oltre: dopo aver sviluppato dei macchinari appropriati, riuscì a dimostrare che tale energia poteva essere accumulata, raccolta e utilizzata per diversi fini. Desideroso di mostrare al mondo la sua scoperta, Reich invitò Albert Einstein nel suo studio per mostrargli quello che nel frattempo aveva costruito: una specie di scatola realizzata con materiali relativamente poveri (lana di vetro, isolanti, metallo, legno) dentro alla quale era possibile fare salire la temperatura ambientale e dimostrare allo stesso tempo una sensibile variazione dello stato delle condizioni interne al macchinario, il che dimostrava l’esistenza di una forma di energia accumulata proprio all’interno della scatola.

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Einstein, stupito della scoperta, sul momento ne confermò la veridicità, salvo poi cambiare idea qualche tempo più tardi: probabilmente lo scienziato tedesco non volle esporsi in prima persona a tutte le conseguenze che una scoperta del genere avrebbe portato.
Ma Reich non si perse d’animo: era così convinto dei benefici della sua scoperta che scrisse vari saggi e condusse diversi esperimenti.

«Accumulatore orgonico» fu il nome che Reich diede alla scatola da lui inventata, all’interno della quale riusciva ad accumulare l’energia dell’universo. Quella stessa energia fu ribattezzata dal ricercatore con il termine «Orgone» o «Energia Orgonica». Il nome era un omaggio e un’allusione all’orgasmo, che per Reich rappresentava il momento massimo di energia, di piacere e di significato nella vita di ogni essere vivente. Si dice che inizialmente Reich avrebbe voluto utilizzare addirittura il termine «Energia Orgasmica» e anche Woody Allen ci scherzò su, in un film del 1973 intitolato Sleeper («Il dormiglione»), ispirandosi alle invenzioni di Reich per il suo «Orgasmatron», una cabina simile all’accumulatore orgonico.

Reich cominciò a utilizzare l’energia orgonica per fini terapeutici. Faceva sedere i suoi pazienti all’interno della «cabina», li esponeva a una dose di questa leggera energia e il loro organismo ne traeva subito benefici. Reich riuscì così a guarire in modo non invasivo anche malattie difficili, semplicemente accumulando energia dall’universo. La sua fama si sparse ben presto, fino a infastidire qualche lobby più forte. E così dal 1947 in avanti cominciarono a uscire articoli sulla stampa statunitense con lo scopo di ridicolizzare, accusare e screditare il ricercatore. Una delle maggiori accuse rivolte all’ex psicologo fu quella di utilizzare il macchinario per dei «giochi sessuali» con i suoi pazienti (oltre ad altre infondate accuse quali quella di gestire un giro di prostituzione). Diversi di questi articoli furono portati alla Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici e che dipende direttamente dal Dipartimento della Salute degli Stati Uniti. L’FDA promosse quindi un’indagine, per accertarsi di ciò che stava accadendo. Gli ispettori dell’ente ispezionarono lo studio di Reich, ma non vi trovarono nulla di compromettente. Le indagini presero quindi una piega diversa: fallito il tentativo di screditare Reich sul piano professionale, cercarono di negare l’effettiva efficacia delle sue tecniche di guarigione, nonostante le numerose testimonianze dei suoi pazienti. L’FDA era infatti in stretto contatto con le aziende farmarceutiche statunitensi, il cui interesse era tutt’altro che trovare una cura semplice e «non farmacologica» alle malattie.

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Secondo James DeMeo, autore del libro Il manuale dell’accumulatore orgonico, la FDA spese qualcosa come 10 milioni di dollari pubblici (che aggiornati al valore attuale sarebbero molti di più) per screditare le tecniche di Reich. DeMeo cita anche una lettera che ricevette personalmente dal figlio del fisico Kurt Lion, che ai tempi lavorava all’interno del MIT (Massachusetts Institute of Technology), il quale, nella stessa lettera, affermava che a suo padre fu chiesto dall’FDA di «dimostrare che la scatola [orgonica] era solo una scatola e che il dottor Reich era un truffatore». Questa era una richiesta ben diversa dal chiedere di «investigare in modo onesto su quale fosse la vera funzione dell’accumulatore orgonico».

Alla fine l’FDA riuscì a far dimostrare ciò che voleva che si dimostrasse: che Reich era un ciarlatano, e pertanto andava denuciato e processato. Il ricercatore si rifiutò di presentarsi al processo, offeso e convinto della veridicità delle proprie scoperte. E come finì la storia? L’FDA ottenne l’approvazione da parte del tribunale distrettuale di Portland di un’ordinanza, datata 19 marzo 1954, nella quale si legge: «Divieto di vendita di tutti i materiali pubblicitari dell’energia orgonica e ordine che vengano distrutti».
E infatti tutti i libri di Reich sull’energia orgonica, così come tutti quelli scritti da altri scienziati che, nel frattempo, ne avevano parlato, vennero mandati al rogo, intesi come «materiale pubblicitario». Era il 1956 (non il Medioevo). Ben 6 tonnellate di materiale scientifico frutto di una vita di studi e di ricerche vennero gettate tra le fiamme dell’inceneritore di Gansevoort, a New York. Libri, macchinari, invenzioni, articoli di giornale, appunti e fotografie degli esperimenti di laboratorio vennero fatti sparire per sempre.
Ma com’era andata davvero? Dopo il primo processo, Reich si ritirò a vita privata, ma intanto continuò a portare avanti le sue ricerche in ambito energetico. Cominciò a lavorare sui fenomeni atmosferici e fece nuovi esperimenti sulla climatologia.

Creò un macchinario che poteva attrarre o respingere le nuvole e far piovere o far splendere il sole a suo piacimento. Siamo nel 1951. In quello stesso anno, però, un suo assistente fece qualcosa che non avrebbe dovuto fare: dopo aver salvato alcune copie del libro del suo maestro, che descrivevano i principi e le applicazioni dell’accumulatore orgonico, provò a spedirle in Europa in modo clandestino. Purtroppo le copie furono intercettate appena varcato il confine dello Stato del Maine, e così Reich venne citato in un secondo processo e fu condannato al carcere. Qualche anno dopo, nel 1956, poco prima della sua scarcerazione, il dottor Reich morì improvvisamente e inspiegabilmente. Il suo assistente, che era stato incarcerato con lui, in preda alla depressione e a (comprensibili) manie di persecuzione, si suicidò non appena apprese la notizia.

E l’accumulatore orgonico venne dimenticato per anni. Curioso che, anziché la comunità scientifica, fu una cantantautrice britannica, Kate Bush, a rendere omaggio a Reich nel 1985 con il brano Cloudbusting («scacciare le nuvole»), nel cui videoclip è Donald Sutherland a interpretare lo scienziato intento a sperimentare il macchinario per controllare la pioggia, prima che gli «uomini in nero» facciano irruzione nel suo laboratorio per arrestarlo... Cercatelo in rete, è uno splendido video.

Evidentemente il Sistema non ha alcuna intenzione di promuovere ogni tipo di innovazione che potrebbe rendere più indipendente il singolo cittadino. E così, tra le pagine de Il manuale dell’accumulatore orgonico, si legge: «La scoperta dell’orgone è molto più al sicuro nelle mani del cittadino medio che nelle mani di politici, accademie delle scienze o organizzazioni mediche di svariato genere. [...] Come la luce del Sole, l’aria e l’acqua, l’energia orgonica è parte della natura che esiste ovunque e deve essere disponibile a tutti, libera dal controllo e da regolamentazioni restrittive, non è brevettabile e non può essere controllata da alcun individuo singolo o corporazione».

Quante scoperte che avrebbero rivoluzionato, semplificato o migliorato il nostro stile di vita sono state affossate? Quanti scienziati sono stati dimenticati e di quanti non è stato valorizzato il lavoro? Quanti sono stati accusati di «cialtroneria» o «ciarlataneria», attaccati per il loro stile, il loro abbigliamento, la loro igiene personale, o chissà cos’altro, piuttosto che seriamente considerati per le loro idee? O peggio ancora messi «al rogo» o fatti sparire per sempre, insieme alle loro scoperte?

Mentre Reich sperimentava macchinari per modificare il clima, anche in Italia c’era qualcuno che faceva qualcosa di simile. Sto parlando di Pierluigi Ighina. Allievo di Guglielmo Marconi, da giovane si interessò allo studio della natura, delle forze motrici e dell’elettromagnetismo. Le sue ricerche lo portarono a delineare il concetto di ritmo magnetico Sole/Terra e alla scoperta di quello che lo stesso Ighina chiamava «atomo magnetico». Secondo Ighina, al centro del sole vi sarebbe un cuore magnetico che pulsa al ritmo del cuore umano. Ighina riteneva che, tramite l’applicazione della «filosofia della spirale», si sarebbe potuta migliorare la vita dell’uomo attraverso la costruzione di «artefatti elettromagnetici». E difatti egli stesso presentò diverse invenzioni, per mezzo delle quali sarebbe stato possibile rigenerare cellule morte, allontanare i terremoti (progettò una «valvola antisismica») e allontanare o avvicinare le nuvole (come faceva Reich).

Molti testimoni riportano che Ighina, vivendo vicino a Imola ed essendo infastidito dal rombo dei motori delle Formula Uno, durante il Gran Premio attivava di proposito il suo macchinario per procurare precipitazioni atmosferiche. E così, dopo pochi giri dal via, i piloti erano costretti a fermarsi ai box e a sostituire le gomme, a danno dello spettacolo e della gara.

Altri ricordano anche di un terremoto che coinvolse le zone del modenese, ma che non investì la vicinissima città di Imola, dove Ighina viveva e dove aveva installato la sua «valvola antisismica». Ighina, però, a differenza di Tesla, cercò sempre di evitare il clamore della stampa, portando avanti i suoi esperimenti e le sue ricerche in modo appartato, e non brevettò mai le sue apparecchiature, né tentò di ricavarne un profitto. Forse fu questo il motivo per cui riuscì a vivere oltre i novant’anni e a morire di vecchiaia. Ma anche le sue scoperte vennero dimenticate.


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giovedì 26 marzo 2015

QUANTO TEMPO DEDICHI AI TUOI SOGNI? INTERVISTA A SIMONE PEROTTI

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.

Quanto tempo dedicate ogni giorno ai vostri sogni?
Siete consapevoli che la possibilità di vederli realizzati è direttamente proporzionale al tempo che spendete per cercare di diventare chi vorreste essere attraverso di essi?
Simone Perotti lo sa bene. Ex dirigente aziendale, ha impiegato 12 anni per pianificare e trasformare in realtà quotidiana le sue due grandi passioni: scrivere e navigare. Oggi Simone è un uomo «Libero dal Sistema», che sta vivendo il suo sogno: «Progetto Mediterranea» è una spedizione in barca a vela che dal maggio 2014 lo sta portando, da qui per i prossimi 5 anni di navigazione, a compiere il periplo del Mar Mediterraneo e realizzare quella che lo stesso scrittore e navigatore genovese descrive come «Una spedizione nautica, culturale, scientifica e di relazione tra i popoli», sostenuta anche dal Q Institute.

Tra i suoi libri più famosi, citiamo Adesso Basta (oltre 100000 copie vendute) e Ufficio di scollocamento. In tanti, poi, lo conoscono per aver dato vita al movimento degli «scollocati», che promuove il cosiddetto down-shifting.
Perotti è l’emblema di quelle persone, sempre più numerose, che sono riuscite a liberarsi dagli stereotipi e dalle costrizioni «innaturali» della società e a diventare realmente ciò che volevano essere. Stanco dei limiti imposti dal suo ruolo professionale e inappagato dal potere sterile dei soldi e di una pur onorevole carriera, ha deciso di cambiare vita, che per lui ha significato «voltare pagina» e «invertire la rotta».

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Ho avuto la possibilità di conoscere e intervistare personalmente Simone Perotti, e qui di seguito voglio riportare un estratto di quello che è stato il nostro incontro:
Enrico: Simone, qual è stata la tua storia personale prima di fare questa tua scelta di cambiamento, per cui sei diventato ormai noto al grande pubblico, in Italia e non solo?
Simone: È una storia molto semplice, nella normalità. Io sono stato un precario, poi un impiegato, poi ho fatto anche un po’ di carriera, sono diventato un quadro, un dirigente d’azienda, ma come ce ne sono moltissimi. Ho lavorato nelle comunicazioni, nel marketing, nelle relazioni esterne, negli affari istituzionali, in aziende di vario tipo, straniere e italiane. Una carriera effettivamente discreta, buona, nella media di quello che è avvenuto a tante persone.
Ho fatto un percorso che è abbastanza in linea con quello che veniva chiesto: studiare, laurearsi possibilmente con il massimo dei voti, fare uno studio post universitario, specializzarsi, entrare nel mondo del lavoro a tutti i costi, tutto devoluto all’obiettivo di fare carriera, di diventare qualcuno, per avere una scrivania, un biglietto da visita, avere un minimo di potere da gestire.

In realtà, durante tutto questo mio percorso, non mi sono mai fatto nessuna domanda su cosa dovessi fare. Ho applicato quelli che erano gli stilemi dell’epoca.
Enrico: Dopo aver raggiunto questi obiettivi a livello professionale, e quindi esserti inquadrato in quello che la società e il Sistema ti avevano chiesto di fare, come è scattata questa molla di cambiamento che ti ha portato poi a cambiare completamente strada?
Simone: La molla è scattata in maniera molto semplice, perché la molla è semplice. Il problema è che se uno non la vuole vedere, guarda caso non la vede.

Ma basta tirare una riga in fondo a ogni giornata. Com’è stata la giornata? La giornata è stata in linea con il desiderio di vita che io ho, il desiderio di qualità, di autenticità che io ho? E anche se non lo è stata, è servita a compiere un percorso che mi ci porterà, quindi ho dovuto stringere i denti, ma per un buon fine? Insomma, il bilancio della giornata, qual è stato? Sono stato il più simile possibile all’idea che ho di me? Cioè quell’uomo che io non sono ancora, che sento di poter diventare, e che se lavoro nella giusta direzione diventerò? Questa è l’autenticità.
E nella mia condizione, come nella condizione di tanti, fare il bilancio di ogni giornata era facilissimo. Tirare quella riga sotto era una pena. Perché io avevo impiegato 9, 10, 11 ore al giorno, per l’ennesima volta, per fare una sola cosa. Cioè quello che serviva per produrre denaro. Persino la carriera è solo questo. Anche se il potere è un concetto diverso dal denaro, ma sono simili.

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Quel denaro avrebbe dovuto rendermi felice, se fosse stato giusto fare tutta quella fatica per ottenerlo. Tanto o poco che fosse. Nel mio caso, era comunque inutile. Perché il denaro non rappresentava la mia idea di felicità. Le cose che mi piacciono, a cui aspiro, non sono in vendita. Sono costruibili con tanto impegno e hanno tante variabili, tante incognite, ma non sono disponibili in un grande magazzino.
E invece io accumulavo soldi... non che fossero tanti... li depositavo in banca, ogni mese, ed era una contropartita davvero piccola rispetto a quello che mi era costato produrli. Perché quelle 9, 10 ore al giorno significavano tutta la mia vita diurna. Quindi tutta la mia vita di veglia. E non restava che dormire per prepararsi a una nuova giornata.

È stato molto semplice il click. E constatare che avevo 32 anni, 36 anni, 38 anni, 40 anni... e stavo andando in una direzione che sempre più palesemente non era quella verso cui volevo dirigermi.
Io volevo fare due cose, lo sapevo fin da piccolo: scrivere e navigare. E queste due cose erano relegate negli interstizi di una stanza enorme in cui al centro c’era tutt’altro.
Ad esempio, la scrittura: scrivevo dalle 6 alle 9 della mattina, perché poi alle 9 bisognava lavorare. Scrivevo durante la pausa pranzo, di notte, negli aeroporti... togliendo tempo alle persone care... Però comunque io non potevo non scrivere, perché per me quella era ciò che Jack London chiama «la linea di minore resistenza», cioè dove sarebbe andata la mia pallina, sul piano sfalsato, se l’avessi lasciata andare libera da impedimenti. È una bellissima immagine. Ognuno di noi ne ha una.

A tutti quelli che adesso stanno pensando: «Beh, vedi che fortuna... lui già lo sapeva che voleva scrivere... ma io non ce l’ho questa passione, a cui dedicarmi...», io dico: un uomo che non ha una passione, è un uomo malato, di una malattia grave, ma curabile.
Il problema è un altro: quanto tempo dedichi ogni giorno a ciò che ti piace fare, ai tuoi sogni? Se al coltivare le nostre passioni, la nostra «linea di minore resistenza», non dedichiamo nemmeno un minuto, è chiaro che quella passione, quel sogno, non si svilupperà mai. C’è una corrispondenza diretta tra quantità di tempo, sforzi, energia, intelligenza che metti in una cosa e quello che ne ottieni.

Io lo sapevo già, perché nel corso del tempo mi era sempre sembrato chiaro. Io ero nato per scrivere, indipendentemente dal fatto che io scriva bene o male o che i miei libri vincano o no premi: è una cosa che riguarda me. E navigare, perché sono figlio di naviganti, gente che ha solcato gli oceani per amore, da sempre. Peccato che lo facevo due settimane l’anno, o durante le vacanze, o nei week-end... facendo tra l’altro un ulteriore sforzo di ansia, in una vita già piena di altri impegni.
La mia era una vita in cui ciò che doveva stare al centro era ai margini: una vita da cambiare. Il problema è che ai tempi non avevo un piano B.

Enrico: Dopo aver maturato questa consapevolezza, aver sentito quello che nella tua vita non andava e quello che invece avresti voluto veramente fare, qual è stato il cambiamento concreto che hai portato nella tua vita e quali difficoltà ti ha spinto a dover affrontare?
Simone: Intanto mi sono reso subito conto che bisognava andare via senza essere stati sconfitti. Ho capito che mi sarebbe servito del tempo per fare il percorso che stavo facendo portando a casa un minimo di risultato, che fosse in grado di dirmi che l’avevo saputo fare. Perché andare via pensando che andavo via perché non avevo saputo fare quello che dovevo fare in quel momento, cioè quel tipo di vita, non sarebbe stato un buon viatico. In quello credo di essere stato lungimirante, o l’ho capito per caso, ma è stato importante. Così mi sono immediatamente bloccato sulla fretta, che sarebbe stata la peggiore consigliera del mondo.

«Andiamo via domani!», o alla prima riunione andata male, alla prima non-promozione, così come la si attendeva. È un attimo dire: «Ok, mollo tutto!».
Serviva essere molto cauti. Primo perché il piano B non ce l’avevo. E quindi se non avessi fatto quello che facevo ogni giorno, non avrei saputo cos’altro fare. Vuoi perché serviva molta esperienza ancora per scrivere in maniera professionale, e vuoi perché per navigare bisogna saperlo fare... quindi nel
corso del tempo ho capito che dovevo specializzarmi e fare esperienza.
E così ho investito, in queste due cose. Ho investito tempo e risorse, anche in corsi di formazione, in modo da utilizzare al meglio il tempo che mancava al grande salto, preparandomi tecnicamente, con le cose che mi servivano e che erano importanti per me.
E poi ho capito che c’erano tanti aspetti che mi avrebbero messo in difficoltà ed erano tutti interiori, psicologici.
Io, ad esempio, ero un uomo che sapeva stare pochissimo da solo. E ho intuito che le scelte di cambiamento mi avrebbe portato in una «no man’s land» dove non ci sarebbe stato nessuno, perché effettivamente erano tutti di qua, a fare quello che facevo io... e di là c’era il vuoto pneumatico, e mi sarei trovato da solo. Come avrei reagito a questa solitudine?

Poi c’era il discorso organizzativo: dove avrei vissuto, dove sarei andato, come avrei risolto le questioni quotidiane, che costo avrebbe avuto questa vita se avessi smesso di avere uno stipendio... e quindi come avrei potuto sviluppare un progetto ampio, come lo si fa ogni giorno per lavoro.

Questo è bizzarro: ognuno di noi fa dei progetti per il suo lavoro, ed è molto professionale nel farlo. Magari fa anche delle presentazioni con PowerPoint... ed è così bravo che quando le espone, tutti lo applaudono... peccato che poi, per la sua vita, di progetti così ben dettagliati e studiati non ne faccia. Io ho avuto la buona voglia di pianificare il mio progetto di «nuova vita» in modo professionale. Cosa ho? Cosa non ho? Cosa mi manca? Volevo utilizzare tutte le risorse che avevo, anche quello che avevo studiato per condurre l’esperienza lavorativa fino a quel momento, per preparare il miglior progetto che potevo.

«Se sono così bravo a fare dei progetti, facciamone uno serio per me», mi dissi. E così mi sono messo a farlo. E mi sono accorto che serviva ancora tanto tempo, che non potevo cambiare la mia vita in un istante. Alla fine ci ho messo 12 anni a vincere determinate paure, a dirmi tante volte: «Ma sì, facciamolo!», senza sentirmi uno stupido che buttava a mare tutto quello che aveva costruito fino a quel momento.
Il tempo non mi è servito per risolvere il problema economico, perché ho capito che il vero problema non era come guadagnare più soldi lavorando meno, ma come spenderne meno per avere più tempo libero. Ogni costo non era denaro: era tempo che avrei speso per recuperare quel denaro. Questo non era bene. Se io mi trovavo da fare 50 lavori, invece che uno, per essere retribuito, con la scusa di aver lasciato il lavoro tradizionale, sarebbe stata una sconfitta. E quindi bisognava trovare una soluzione su questo. La sobrietà, la decrescita, l’autoproduzione, il riuso, il riclico, l’autonomia... bisogna saper fare le cose con le mani se vuoi spendere poco. Se vuoi farti ristrutturare casa da un’impresa, servono tanti soldi. Se te la ristrutturi da te, visto che hai tempo, devi però saperlo fare. O almeno devi avere capito che se non lo sai fare, ci devi comunque provare.
Enrico: Quando hai mollato la tua vecchia vita, quali sono state le tue soddisfazioni più grandi?

Simone: Io non pensavo che sarebbe stato così bello. Mi immaginavo una cosa meravigliosa, ma non così tanto meravigliosa. Ma è stato un bene, altrimenti mi sarei mosso prima, spinto dall’ansia di dover vivere una cosa così bella. È stato un bene che non sapessi, così non ho avuto troppa fretta.
La libertà è un’esperienza che nessuno conosce. Fin da bambini siamo sotto qualche autorità, qualche condizionamento, siamo sempre costretti nei tempi, negli spazi, nei modi, nelle tipologie, negli stili, nei pensieri... e non abbiamo esperienza della libertà. Farne qualche esperienza, come sto facendo io, è inebriante.
E poi non sono morto di fame. All’inizio, nel fare la mia scelta, ero quasi certo che sarei morto di fame. Perché è questo quello che ci dicono: «Se non porti a casa lo stipendio tutti i mesi, se non fai carriera, se non stai nei ranghi, muori di fame».
Questa è la paura più ancestrale.

Ma a me risulta che non muore più nessuno di fame nel Nord Ovest del pianeta, compresa l’Oceania. Inoltre, c’è tantissimo lavoro da fare. Io non ho mai avuto tante proposte di lavoro (di lavori molto umili) fino a quel momento. Tutti mi offrivano da lavorare, perché io dicevo: «Tu dammi un preventivo, e io te lo faccio alla metà». Giusto o sbagliato che fosse il prezzo, per me era irrilevante. Bastava che arrivassero dei soldi che mi servivano per campare. Campare implica l’alimentazione. Se sai cucinare da solo, costa 4-5 euro al giorno. Sapevo i prezzi dei supermercati a memoria.
Un esempio su come trovavo lavoro? Se per lavare una barca il mercato chiede 90 euro, io mi offro di lavarla a 50 euro, perché voglio avere più opportunità e non morire di fame. È giusto o sbagliato lavarla per 50 euro? È irrilevante, perché io ci mangio per 10 giorni con quella cifra. E ho comunque risolto il problema del mangiare. Vista così, è più semplice da capire.

Quelli che prima mi sembravano spiccioli, adesso mi sembravano tantissimi.
E così ho avuto la soddisfazione di vedere che non morivo di fame, oltre a cominciare a fare la cosa per cui sono nato. Una sensazione di raggiunta identità, una sincronia tra desiderio e realtà, che è il contrario dell’alienazione, ovvero dello staccamento. La coincidenza tra tempo, spazio, azione: fare quello per cui sei nato, che produca tanto o poco... mettiamo che non produca niente... ma tu stai facendo quella cosa per cui sei nato e che dovresti fare. E questo già ti fa sentire meglio. E quando stai meglio, tutto il mondo gioca a tuo favore, perché tutti ti vedono allegro, simpatico e rilassato; tutto è più favorevole e si innescano circoli virtuosi di situazioni favorevoli.

Tuttora a volte mi sveglio pensando: «Sto finendo i soldi, non arrivo a fine mese». Questo rimane, perché abbiamo dentro di noi un problema ancestrale, culturale.
E poi perché il problema c’è.
Insomma, i problemi continuano, ma si possono risolvere. E tra l’altro sono una parte dell’occupazione quotidiana. Non sono un eremita.
Ho cominciato a coltivare l’orto. Prima di allora, non avevo mai avuto esperienze con la terra, ma poi ho scoperto che è molto più facile di quello che sembra. E ora ho una piccola serra.
I problemi continuano, ma continuano anche le esperienze, le opportunità. E ora ho tempo di realizzare un sogno che ho sempre avuto: il Giro del Mediterraneo in barca a vela.

Se io muoio e non faccio una cosa che ho sempre pensato, la mia vita è un fallimento. Se io muoio e ho fallito nel tentare una cosa che ho sempre pensato, la mia vita non è un fallimento. Tentare e fallire ci sta. Non tentare non è dignitoso. Il punto non è riuscire. Un uomo non lo giudichi da dove arriva, ma da dove è partito, da quanta strada ha fatto.
Non c’è nulla che arrivi per caso, tutto è frutto di un lavoro enorme.
Tolti i fulmini e le malattie fulminanti per cui non c’è nulla da fare, siamo il risultato di quello che facciamo e che con pazienza, un’ora al giorno, giorno dopo giorno, ci prepariamo a fare. È molto difficile che un uomo che tenta non riesca almeno in parte. Io non ho mai visto un uomo che fallisce al 100%. Tentare si chiama «vita».

Enrico: Forse tu sei stato agevolato nel fare una scelta di cambiamento: avevi soldi da parte e una cultura manageriale per gestire il denaro che avevi, lavorando molto meno. Oppure tutti possono fare quello che hai fatto?
Simone: Noi tutti siamo esperti nella produzione di alibi. Quando uno evade dal carcere, è una brutta giornata per il direttore del carcere, ma una pessima giornata per gli altri carcerati. Perché se uno è evaso, significa che avrebbero potuto farlo tutti.
Da adesso in avanti, chi rimane in carcere deve sapere che o ci prova, perché ha a cuore la libertà, o non ci prova, perché non ha a cuore la libertà.

Gli alibi servono a toglierci dall’imbarazzo di sapere che soffriamo e pure per colpa nostra. Un conto è soffrire, un conto è soffrire sapendo che è anche colpa nostra.
Gli alibi più gettonati sono: non hai figli; hai fatto il manager e hai un sacco di soldi; hai una formazione che io non ho.
È vero che a migliori condizioni corrispondono maggiori opportunità, ma sono solo alibi.

Enrico: Visto che non ci sono alibi e che ognuno di noi potrebbe fare una scelta di cambiamento per uscire dal Sistema e conquistare la sua libertà, cosa non deve mancare nel bagaglio di conoscenze e competenze che ogni persona si deve portare prima di fare questo salto?
Simone: Il cambiamento è una decisione che si prende in maniera calda, con il sentimento, la passione, ma anche in maniera fredda, con la riflessione, la programmazione, la volontà, la razionalità.

Il cambiamento è un’opzione che non può esserci senza impegno, senza una disintossicazione da quello che fino a quel momento ci aveva trattenuto e da una rieducazione a quello che ci libererà. In questo percorso c’è per forza tanto da fare e c’è bisogno di acquisire tanti strumenti.
Tutti noi siamo di passaggio, su questa Terra. Tutti noi un giorno moriremo. Nessuno arriva in fondo e vince o perde. Se non c’è nulla da perdere, perché alla fine tutti moriamo, non vedo dove sia la paura. Non perdete tempo mentre la sabbia nella vostra clessidra si assottiglia.


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lunedì 23 marzo 2015

LA "SOVRANITA' INDIVIDUALE" APPLICATA IN ABRUZZO: FINALMENTE LIBERI DA TASSE E DEBITI?

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.

Stanno sempre più emergendo in rete singoli divulgatori e movimenti d’opinione i quali sostengono che il Sistema in sé, in particolare gli Stati nazionali e il nostro esserne «cittadini» (e «sudditi») in senso legale e materiale, siano frutto di un «artificio». Una sorta di raggiro che avrebbe origine nel rapporto tra potere spirituale e potere materiale, tra Chiesa e Re prima, tra Chiesa e Stato poi, in cui chi ci comanda sarebbe autorizzato a prendere «proprietà» di noi al momento della nascita.

Ma ognuno di noi – almeno per chi ci «crede» – prima di essere un cittadino o un suddito è innanzitutto un’anima incarnata in un corpo. Il corpo di fatto non è «proprietario» dell’anima, destinata a lasciarlo dopo la morte, e tantomeno lo sono il Re o lo Stato, anche dopo aver «imbrigliato» il corpo attraverso l’iscrizione a un’anagrafe e averlo «identificato» attraverso l’emissione di un documento d’identità e di una tessera sanitaria.

Ognuno di noi sarebbe quindi «proprietà» dello Stato, come un bene di proprietà di un’azienda, solo in virtù di una consuetudine (o «raggiro») che saremmo stati abituati ad accettare, senza metterlo mai in dubbio, e che non saremmo più abituati a riconoscere, proprio come scimmie addestrate a non salire sulla scala.

Per liberarsi da questo brutto «incantesimo» basterebbe padroneggiare stratagemmi comunicativi e «legali» coi quali svincolarsi dal Sistema e rendersi «Sovrani individuali», per riconquistare quindi la «proprietà» di se stessi e liberarsi di vincoli e obblighi (inclusi quelli di pagare debiti e tasse...).

Ma è davvero così semplice? Può davvero bastare una comunicazione «legale» a renderci «Liberi dal Sistema»? Come già chiarito nel libro "Liberi dal Sistema - la Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè", il percorso per rendersi davvero indipendenti passa per una serie di «tappe» e deve affrontare tutti gli aspetti della vita umana: Sapere, Auto-Star-Bene, Alimentazione, Energia e Denaro. Nessuno può dirsi davvero libero se non è in grado di far fronte alla vita in maniera totalmente autonoma in ciascuno di questi ambiti, a maggior ragione se intende staccarsi «formalmente» dal Sistema, ad esempio rinunciando al proprio status di «cittadino» e «contribuente».

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Con quale coraggio potrei fronteggiare il Sistema se non fossi già tranquillo del fatto di poterne fare davvero a meno, in ogni aspetto della mia vita, per me e per i miei cari? Una domanda su tutte: potrei davvero rinunciare a essere un «cittadino» se non sono in grado di rinunciare completamente al Sistema sanitario, che si prende cura della mia salute e di quella dei miei cari? Sono davvero pronto a mettere a rischio letteralmente la mia vita nel Sistema, rinunciando a dialogare con esso in ogni aspetto della mia vita e della mia salute? Potrei davvero affrontare senza alcuna paura le ripercussioni che questa scelta porterebbe con sé (incluse visite a casa di gente armata in divisa...)? E con che dignità potrei smettere di farmi «sfruttare» dal Sistema per alcuni degli aspetti che non voglio accettare, e continuare a sfruttarlo per altri che invece mi fanno comodo?

Fermo restando che non può trattarsi di una comoda scorciatoia e che il cambiamento deve sempre passare per un percorso di lavoro su di sé, di presa di consapevolezza e di lavoro pratico per rendersi indipendenti in ogni ambito della propria vita, esiste un caso davvero interessante di applicazione concreta delle teorie sulla «Sovranità individuale», il primo al mondo da quello che mi risulta, ed è quello di una bambina abruzzese.

La notizia non è passata così inosservata, dato che è apparso qualche articolo sui quotidiani locali italiani. Una coppia abruzzese ha deciso di non «sottomettere» la propria figlia allo Stato italiano attraverso una complessa procedura alternativa di iscrizione all’anagrafe, basata sull’utilizzo di un «trust», un’entità giuridica tipicamente utilizzata per la protezione di patrimoni nel mondo anglosassone. Il 15 agosto 2014 i genitori, coadiuvati dai legali di un’associazione per la tutela dei consumatori, hanno concluso il loro iter burocratico, e pertanto la bimba (come riportato sul sito dell’associazione):

1) Non è stata ceduta con finzione giuridica occulta e d’ufficio allo Stato italiano;
2) Non è stata codificata, ovvero i genitori hanno restituito ufficialmente il codice fiscale attribuito d’ufficio alla piccola, evitando che venisse marchiata come un prodotto da supermercato con codice a barre senza concordare con i genitori l’uso che di detto codice lo Stato intende fare;
3) Non è stata vaccinata con i programmi delle vaccinazioni obbligatorie imposte ai neonati senza prova dell’effettiva necessità, ma solo per programmarli al consumo di medicinali [...];
4) È stata blindata in un Trust contro ogni possibile aggressione personale giuridico-patrimoniale presente e futura da creditori che non siano annessi al Trust;
5) Non è stata sottoposta ad alcuna pratica civile o religiosa che ne preordini o condizioni la volontà futura da maggiorenne ritenendo, i genitori, che ogni scelta civile e religiosa debba essere frutto del libero esercizio della volontà di ogni essere umano, dopo il compimento della maggiore età, secondo il principio di «scelte libere in un mondo libero, nel rispetto delle regole universali che disciplinano l’equilibrata convivenza umana».

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Certo è che saranno quindi i genitori della piccola «Sovrana» a doversene prendere cura fino alla maggiore età, dandole tutto ciò che serve, e confrontandosi ancora – loro, come genitori – con il Sistema, e sapendo di non poter chiedere per la loro figlia nulla al Sistema stesso, se non «cedendo» parte della loro Sovranità. Come gestiranno la sua salute senza potersi appoggiare al Sistema sanitario, o la sua educazione senza poterla mandare alle scuole pubbliche? E come gestiranno le sue esigenze di muoversi e di viaggiare senza avere «documenti regolari»? Sicuramente per farlo dovranno essersi già resi Liberi dal Sistema e aver fatto quindi quel profondo percorso interiore – come quello che anche il Q Institute promuove – che porta a essere «Re del proprio Regno», sia in senso spirituale e che in senso materiale.

Confrontarsi per primi con queste domande è una scelta davvero coraggiosa e ammirevole di questi genitori, destinata a fare storia, che ha già attratto l’attenzione di migliaia di persone, e che potrebbe aprire la strada a un’alternativa concreta con cui il Sistema dovrà prima o poi confrontarsi, rinunciando al suo ruolo di «monopolista».

Quale sarà infatti la scelta della piccola Sovrana al compimento della maggiore età? Diventerà volontariamente una «cittadina» e «contribuente» dello Stato italiano, o sceglierà altre alternative, tra quelle che si saranno rese possibili nel frattempo? Starà a tutti noi contribuire perché lei e tutti i piccoli «Sovrani» (legalmente o meno riconosciuti) possano fare in futuro questa scelta.


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FATTE PER (NON) DURARE: TESLA, EDISON E L'OBSOLESCENZA PROGRAMMATA DALLE MULTINAZIONALI…

Articolo estratto dal libro "Liberi dal Sistema - La Guida per Cambiare il Mondo Partendo da Sè" di Enrico Caldari.

Lo scienziato e fisico serbo Nikola Tesla, nonostante sia poco noto «alle masse» (o comunque meno noto di altri), è stato sicuramente una delle più grandi menti del secolo scorso, come testimoniano le decine di scoperte che ancora oggi utilizziamo grazie a lui (e alle centinaia di brevetti che ha depositato).

Alla fine del diciannovesimo secolo Tesla emigrò negli Stati Uniti e si confrontò con alcuni dei magnati dell’industria dell’energia elettrica, tra cui Thomas Edison e il suo finanziatore, J. P. Morgan (di cui avevamo già sentito parlare nel capitolo sulla salute...).

Il fisico serbo cercava sostegno a una sua idea circa una nuova tecnologia per la distribuzione dell’energia elettrica. Tesla aveva scoperto la corrente alternata, quella che noi tutti oggi utilizziamo comunemente nelle nostre case, grazie alla quale non si sarebbe più dovuto costruire una centrale elettrica a carbone ogni pochi chilometri (cosa che stava accadendo negli Stati Uniti alla fine del diciannovesimo secolo).

Tesla ebbe l’opportunità di essere presentato a Thomas Edison (l’inventore della lampadina, come ce lo tramanda la storia), che all’epoca era il più grande imprenditore nel campo energetico nonché detentore di brevetti utilizzati a livello internazionale.

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Il fisico serbo propose ai colleghi statunitensi di costruire una grande, unica centrale elettrica a energia pulita (che non «bruciasse» o «inquinasse» nulla) sulle cascate del Niagara, che convertisse l’enorme flusso d’acqua in corrente alternata, da distribuire in tutta l’America. Thomas Edison, intuendo che tutto ciò avrebbe ribaltato il suo «impero» fondato sulla più antiquata energia a corrente continua, il cui sfruttamento era suo appannaggio personale, rifiutò di collaborare con il fisico serbo.

Tesla tuttavia non si perse d’animo e propose la sua idea direttamente a J. P. Morgan. Il banchiere statunitense fiutò l’affare, e così finanziò e realizzò la centrale sul Niagara che è tutt’oggi funzionante e che per prima ha generato energia a corrente alternata. Oggi la corrente alternata è diventata il nostro standard, ma ai tempi si fece di tutto per escluderla dal mercato. Lo stesso Edison organizzò una conferenza stampa nel corso della quale dimostrò a giornalisti delle più importanti testate statunitensi che la corrente alternata poteva uccidere. Fece sedere una scimmia su una sedia elettrica, e la fece morire a causa delle scariche di corrente.

Ma, nonostante la «gogna mediatica», la tecnologia di Tesla ebbe la meglio. Egli era un genio inarrivabile, e presto ebbe un’altra grande intuizione, che avrebbe reso obsoleto anche il sistema di distribuzione dell’energia basato sulla corrente alternata. Lo scienzato serbo elaborò una teoria dinamica della gravità, secondo la quale la materia e ogni forma di energia derivano da un’unica matrice universale, l’energia del vuoto, che egli considerava come un serbatoio inesauribile di forza lavoro, pronta per essere utilizzata per ogni necessità umana. Tesla affermò di avere scoperto il modo di imbrigliare tale energia durante uno dei suoi esperimenti con le scariche elettriche dei condensatori (cosa che invece per Einstein e gli scienziati a lui contemporanei era impossibile).

Da qui, sempre grazie ai finanziamenti di J. P. Morgan, nel 1901 Tesla cominciò a costruire il primo grande impianto per la trasmissione di energia senza fili, basato su una rivoluzionaria tecnologia a energia pulsata e onde stazionarie terrestri. Il suo sogno, però, svanì appena due anni dopo, quando lo stesso J. P. Morgan si accorse che quel metodo di diffusione dell’energia avrebbe eliminato ogni sua forma di ricavo dal settore energetico: se la gente avesse potuto avere libero accesso all’energia semplicemente utilizzando un’antenna in casa, nessuno avrebbe più usufruito delle sue forniture di energia a corrente alternata.

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E così il magnate statunitense bloccò immediatamente i finanziamenti allo scienziato, e con lui tutta l’elite finanziaria e le sue catene di giornali accusarono Tesla di essere diventato improvvisamente folle. Lo scienziato fu coperto di ridicolo e dimenticato. Qualche anno più tardi, Tesla venne trovato morto in una stanza d’albergo e gli agenti dell’FBI sequestrarono un TIR di materiale su cui venne apposto il segreto di Stato. Il capo della polizia federale, John Edgar Hoover, impose il silenzio sulla tecnologia di Tesla per motivi di sicurezza nazionale (o forse di interesse finanziario...).

Cosa ci dimostra l’esempio di Tesla? Ci dimostra che già da un secolo avremmo le conoscenze per accedere a fonti di energia gratuite ed ecologiche, ma questo si scontra con gli interessi di chi con la vendita di servizi (quali appunto la fornitura energetica) guadagna e ci controlla. Ed è la sete di guadagno e il desiderio di controllo che ci porta a parlare del prossimo argomento.

In un Sistema che, come ci ricordano i media ogni giorno, fa della «crescita dei consumi» (cioè, del «consumismo») il motore della propria sopravvivenza, il cliente deve essere portato a comprare non una volta, ma dieci, venti, cento volte. Per questo l’intero processo industriale è basato sul principio dell’obsolescenza programmata: sebbene sia possibile realizzare beni e oggetti praticamente indistruttibili, i produttori si autoimpongono standard per i quali un determinato oggetto non deve (ripeto: non deve) durare più di un certo periodo di tempo.

Vi sembra assurdo?
Il documentario spagnolo Comprar, Tirar, Comprar («comprare, buttare, comprare»), mandato in onda qualche anno fa da Televisiò de Catalunya, ci racconta come, dagli anni 1920, i fabbricanti cominciarono ad accorciare la vita dei propri prodotti per aumentare le vendite. I produttori stessi formarono corporazioni, e si consultavano per decidere il tempo massimo di durata di molti prodotti. Chi avrebbe commercializzato un prodotto più longevo del tempo stabilito avrebbe dovuto pagare una multa. Disegnatori e ingegneri si videro costretti ad adottare nuovi valori e obiettivi, con lo scopo di creare oggetti che avessero un «punto debole» e una durata definita.

Uno degli esempi citati dal documentario è quello delle lampadine, la cui vita utile fu volutamente limitata a un massimo di 1000 ore (sebbene fosse possibile già allora produrne di più longeve).

È lo stesso documentario a raccontarci la storia di quello che accadde:
«Il giorno di Natale del 1924 fu un giorno speciale: a Ginevra alcuni signori in giacca si riunirono e con un piano segreto crearono il primo cartello mondiale per controllare la produzione di lampadine e spartirsi il mercato mondiale. Essi crearono il “Cartello delle 1000 ore”, per ridurre tecnicamente la vita utile delle lampadine. Più di 80 anni dopo Helmut Hoge, uno storico di Berlino, scoprì prove dell’attività del cartello. Imprese come Philips in Olanda, Osram in Germania e Laparas Zeta in Spagna ne facevano parte. Un documento del cartello imponeva: “La vita media delle lampadine di illuminazione generica non deve essere garantita o offerta per altro valore che non sia 1000 ore”.

Messi sotto pressione dal cartello, i fabbricanti realizzarono esperimenti per creare una lampadina più fragile che rispondesse alle nuove norme. La fabbricazione era rigorosamente controllata per assicurarsi che si rispettasse la regola. I fabbricanti venivano multati severamente se si allontanavano dagli obiettivi stabiliti. Man mano che l’obsolescenza programmata [così si chiama questo stratagemma, N.d.A.] si impose, la vita utile iniziò a diminuire. In soli due anni passò da 2500 ore a meno di 1500 ore. Negli anni 1940 il cartello aveva già raggiunto il suo obiettivo: una lampadina standard durava 1000 ore.

Nei decenni seguenti si brevettarono dozzine di nuove lampadine, anche una che durava 100000 ore, però nessuna arrivò a commercializzarsi. Ufficialmente il "Cartello delle 1000 ore" non è mai esistito, però le sue tracce non sono mai scomparse. La sua strategia era continuare a cambiare nome. Si chiamò “Cartello Internazionale di Elettricità”, poi continuarono a cambiarlo. Ma quel che conta è che quell’idea come istituzione continuò a esistere.» E non solo per le lampadine, ma in ogni tipologia di prodotto di consumo che siamo "costretti" a comprare e buttare, comprare e buttare, comprare e buttare


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giovedì 19 marzo 2015

LE VERE CAUSE CHE CI IMPEDISCONO DI VIVERE SERENAMENTE... E LE SOLUZIONI CHE LA NUOVA SCIENZA FINALMENTE CI OFFRE

Articolo di Marco Fincati, autore del libro "RQI - Il Segreto dell'Auto-Star-Bene".

ALCUNE NOTIZIE INTERESSANTI
VERO: il Sole fornisce in un'ora la quantità sufficiente di energia alla Terra per rispondere al fabbisogno energetico dell'umanità per un anno intero.
VERO: Secondo una teoria scientifica il 98 % dell’Universo è costituito da materia oscura, di cui non sappiamo quasi nulla.

Si può affermare senza alcun dubbio che si ignorano più cose di quelle che si conoscono sul mondo che ci circonda e che bisogna mantenere uno spirito aperto.

Le scoperte della Scienza Contemporanea
Noi viviamo ancora con convinzioni meccanicistiche, pensiamo ancora che la vita sia basata sulla Fisica di Newton, e cioè che l’universo sia una macchina fatta di cose.

Ma nel 1925 la fisica quantistica dimostrò che gli atomi di cui sono composte queste cose sono energia compressa.

TUTTO E’ ENERGIA. I nostri corpi sono energia, inclusa la materia solida.


Perciò parlando di energia possiamo paragonarla alle onde che si formano dentro l’acqua, le quali sono energia che si sposta attraverso l’acqua.


Questa è la vera forma dell’energia: onde (frequenze) che si spostano attraverso lo spazio.
Ogni giorno siamo immersi in queste frequenze, in queste onde di energia: pensiamo ai telefoni, alle onde radio, a qualsiasi colore che vediamo e a tutti i suoni che ascoltiamo.

Allora la domanda più ovvia è:
Cosa succede quando le onde si incontrano ?
Si intrecciano tra loro, cioè ogni tipo di onda (energia) che è presente nello stesso ambiente, si intreccia e si interconnette.


Ma parlando di materia - cioè avendo un approccio tradizionale - posso dividerla e studiare ogni parte separatamente, mentre se parliamo di onde di energia non possiamo farlo, quindi bisogna avere un approccio olistico.

Infatti la nuova scienza dice che dobbiamo studiare il tutto e non le parti, perchè sono formate di Energia, e questa non si può dividere.
Ormai l’approccio classico nell’affrontare le problematiche che ci affliggono, cioè analizzare la parte dove c’è il problema non curandosi del resto, è riduzionista, quindi incompleto.
Ma vediamo come interagiscono queste onde di energia facendo un esempio.
Lasciamo cadere un sasso nell’acqua e successivamente ne lasciamo cadere un altro.

Cosa succede quando le onde generate dai sassi si incontrano?


Un' onda si trova sopra, l’altra si trova sotto, quindi interferiscono l’una con l’altra annullandosi tra loro perché non sono in fase, quindi le chiamiamo:

Interferenze distruttive.
Ognuno di noi l’ha provato nella propria vita, quante volte siamo entrati in un luogo e ci siamo sentiti a disagio, e ci sentiamo che l’energia ci abbandona, o ci sentiamo più stressati. Ciò che succede è dovuto all’energia di quell’ambiente che entra in conflitto con la nostra.
Ci sono tre cause principali che agiscono sinergicamente e che, secondo ciò che ho potuto riscontrare nelle mie ricerche, incidono significativamente sulla perdita di benessere e quindi le vere responsabili del 95% delle problematiche.
Sono cose che il tuo medico non ti dirà mai, perché non rientrano nelle sue conoscenze. 



Quali sono allora le vere cause dei problemi?

Causa 1. Aumento delle tossine nell’ambiente
Secondo alcuni scienziati, in un anno siamo esposti a più di 80.000 sostanze chimiche e metalli pesanti, che respiriamo. Non pensate solo al fumo, ma pensate a quanti agenti chimici siamo sottoposti ogni giorno: detersivi, coloranti, conservanti, profumi, addirittura il toner della stampante contiene metalli pesanti! Questo mette a dura prova la capacità del nostro corpo di disintossicarci, in quanto la maggior parte di queste sostanze vengono eliminate con difficoltà dal fegato, dai reni e da altri organi.



Causa 2. Aumento delle onde elettromagnetiche nell’ambiente
Quasi tutti abbiamo un cellulare, un computer con wifi, telecomandi, tastiere senza fili, radio, ecc. L’aumento delle onde elettromagnetiche di questo tipo (L’elettrosmog) è incredibile. Questo smog invisibile sta causando una serie di preoccupazioni da parte dei dipartimenti di sanità e dei vari governi Europei tant’è che, anche in Italia, a breve entreranno in vigore una serie di normative per salvaguardare la salute dei lavoratori nei posti di lavoro.



Causa 3. Aumento Stress emotivo
Quante volte ci è capitato di entrare in un luogo, magari nel posto di lavoro, dove le persone presenti sono stressate e nervose, cosa succede a noi? Nella maggior parte dei casi ci innervosiamo o ci compare un piccolo disagio fisico (es. mal di testa, senso di stanchezza ecc) …

Vi siete mai chiesti perché a parità di circostanze, alcune persone accusano dei problemi ed altri no?



Se la nostra energia vitale circola liberamente, le nostre difese rimangono alte e quindi non ci ammaliamo (foto sopra a sinistra). Se invece l’energia non circola adeguatamente allora le difese si abbassano e quindi subiamo gli “attacchi dall’esterno” e ci ammaliamo (foto sopra a destra). Quindi le problematiche continuano ad aumentare poiché non combattiamo le vere cause.
I veri mali della società moderna sono l'aumento esponenziale di Elettrosmog, Tossine e Stress Psico-Fisico (Interferenze Distruttive).

Sono proprio queste interferenze distruttive che abbassano la nostra energia vitale, quasi l’annullano, quindi anche le nostre difese immunitarie si indeboliscono, consentendo a virus batteri e funghi di minare la nostre salute.
E non solo …
La quantità di stress cui siamo sottoposti nella vita quotidiana determina quanto rapidamente invecchiamo. È ovvio che ci sono numerosi altri fattori che contribuiscono; ad esempio, se la nostra dieta è sana, se assumiamo supplementi e se ci idratiamo correttamente possiamo mitigare alcuni degli effetti dello stress. Ma, alla fine, lo stress quotidiano ha il sopravvento e invecchiamo.
Questo, a prima vista, può sembrare strano, eppure quando si esplorano a fondo le radici dell’invecchiamento il perchè è evidente: lo stress fisico ed emotivo produce sostanze chimiche (*) nocive che causano l’ossidazione delle cellule; l’ossidazione a sua volta provoca infiammazioni. Col passare del tempo, questo processo porta ad infiammazioni croniche, che danneggiano gli organi, le cellule e persino il DNA.


Un esempio di sostanza chimica prodotta dallo stress:



Il cortisolo.
Il Cortisolo è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, la cui azione principale consiste nell'indurre un aumento della glicemia. Il suo aumento produce effetti tendenzialmente negativi, cioè inibisce la sintesi di DNA, RNA, proteine, GH (ormone della crescita, molto importante per un adeguato sviluppo muscolo-scheletrico), testosterone, inibisce l'enzima deiodasi che catalizza la conversione del poco attivo ormone tiroideo T4 nel più attivo T3, aumenta la concentrazione sanguigna di sodio, diminuisce quella di potassio, catabolizza la massa cutanea, muscolare, ossea e quella delle mucose gastro-enteriche. L'eccesso di quest'ormone viene detto ipercorticosurrenalismo, o ipercortisolismo, o sindrome di Cushing, ha come sintomi stanchezza, osteoporosi, iperglicemia, diabete mellito tipo II, perdita di tono muscolare e cutaneo, colite, gastrite, impotenza, perdita della libido, aumento della pressione arteriosa e della concentrazione sanguigna di sodio, strie cutanee, depressione, apatia, euforia, diminuzione della memoria.


Allora cosa possiamo fare per difenderci dallo stress e quindi andare alla causa delle problematiche?
Questa è la domanda che molti miei clienti, professionisti, medici, estetiste, preparatori sportivi e terapeuti delle discipline Bionaturali (Olistiche), si facevano quando con le terapie o trattamenti che usavano non davano risultati.

Infatti nella mia esperienza di 7 anni come Informatore Scientifico di Prodotti Fitoterapici (Integratori, creme, oli essenziali ecc..) nel settore Medico, Sportivo ed Estetico, avevo notato come la sola “Vita Sana” (riposo, corretta alimentazione ed esercizio fisico), era insufficiente nel ritrovare lo Stato di Benessere e per prevenire la sua perdita.
Per questo ho iniziato anni fa, un percorso di studi e ricerche per trovare una soluzione concreta ed efficace. Ho investito decine di migliaia di euro per partecipare a decine di seminari e corsi di formazione OLISTICA, BIOFISICA E BIOENERGETICA.

Oggi finalmente dopo migliaia di test posso affermare e metterci “la faccia”:
La risposta più semplice: utilizzare al meglio le interferenze costruttive!




Introduzione alla Biofisica
Vi ricordate l’esempio dei sassi? Ora Facciamo lo stesso esempio, cioè lasciamo cadere due sassi nell’acqua. Ma questa volta contemporaneamente, quindi nello stesso tempo, cioè in fase. Cosa succede ora quando si incontrano?
Si sovrappongono, e cioè si sommano aumentando la loro energia.
Facciamo un esempio, diciamo che è sabato sera e siamo troppo stanche per uscire, ma vuoi per un motivo o per un altro ci lasciamo convincere ed usciamo. Andiamo magari ad una festa e conosciamo alcune persone, le quali sono in armonia tra loro e ci stanno subito simpatiche. Ecco che in 5min ci sentiamo bene e cominciamo a ridere a scherzare e addirittura balliamo con loro.
L’energia dell’ambiente aveva un interferenza costruttiva alla nostra, e cioè le giuste vibrazioni, ci hanno equilibrato permettendoci di lasciar fluire, la nostra energia vitale Q.I. quella che le discipline orientali chiamato Chi o ki.




Alcune nozioni di biofisica cellulare
Nell'ambito della biofisica i fenomeni di tipo elettromagnetico hanno grande importanza per comprendere l’interazione degli esseri viventi col mondo fisico. L'aspetto dualistico della materia è una legge naturale fondamento della fisica: la luce può essere considerata sia come particella che come onda elettromagnetica.
Noi non siamo semplici "macchine chimiche". Sappiamo che nella materia vivente le molecole non interagiscono a caso e ci si chiede quale possa essere il meccanismo fisico a lunga distanza fra le molecole, attraverso il quale le molecole giungono a colpo sicuro, senza sbagliare indirizzo, nel luogo giusto al momento giusto per l'incontro ravvicinato di tipo chimico. L'unico candidato per questo ruolo può essere il campo elettromagnetico che è capace sia di interagire con le molecole sia di operare a grandi distanze.


La ricezione elettromagnetica
Le cellule hanno capacità di recepire ed integrare segnali luminosi, percependo di essi sia la frequenza che la direzione. Ciò è stato dimostrato mediante speciali apparecchiature microscopiche a contrasto di fase con luce infrarossa [Albrecht-Buehler, 1991]. Inoltre da molti altri studi viene proposto che le varie reazioni biochimiche, comunque necessarie, siano regolate da forze di natura fisica.[Frohlich, 1988; Del Giudice et al., 1988a; Bistolfi, 1989; Hameroff, 1997].


Le vie di superconduttività elettromagnetiche
Le alterazioni dei parametri biofisici, soprattutto elettro-fisici, si comunicano rapidamente a larghe distanze nei liquidi biologici e lungo vie di superconduttività che corrispondono approssimativamente alle vie dei meridiani dell’agopuntura cinese. Un contributo alla caratterizzazione dei canali energetici che avvolgono il nostro corpo, è stato dato dalle misure effettuate nel '96 da Charles Shang della Boston School of Medicine con sistemi SQUID (Superconducting Quantum Interference Devices) in grado non solo di mappare i percorsi dei meridiani e dei principali punti di agopuntura sulla cute, ma anche di differenziarne i valori di campo di alcuni di questi ultimi, al variare delle condizioni del soggetto controllato.


I punti singolari
E’ noto che nel corpo umano esistono una grande quantità di punti singolari della cute, circa 400 per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), punti di affioramento superficiale di 20 meridiani principali, oltre ad altri punti e meridiani meno conosciuti [WHO – A proposed standard international acupuncture nomenclature: report of a WHO scientific group – World Health Organization Geneva 1991]. I suddetti punti sono caratterizzati da bassa resistività rispetto al resto della cute ed anatomicamente mostrano recettori molto più superficiali.

Inoltre nel 2002 sempre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato la lista delle 28 affezioni contro cui l’Agopuntura è molto efficace. Questa lista si basava su studi clinici controllati e archiviati nella letteratura scientifica.



Infatti, la grande scoperta degli anni ottanta della nuova scienza è che all’interno del corpo umano ci sono dei flussi d’informazioni organizzati e ordinati che veicolano l’energia.
Questi flussi (vie di superconduttività elettrica) corrispondono perfettamente ai canali di agopuntura descritti oltre 6000 anni fa dai cinesi e chiamati meridiani.

Questi flussi o meridiani permettono ad ogni cellula nel nostro corpo di ricevere la giusta energia e la giusta informazione sul cosa, sul come e quando fare una determinata azione bio-chimica.
La legge che li organizza e quindi mantiene il loro equilibrio si chiama:

LEGGE DEI 5 ELEMENTI


La Legge dei 5 Elementi regolamenta i cinque movimenti dei 14 meridiani principali. Da come sono in equilibrio tra loro dipende il nostro stato energetico, cioè l’energia vitale (che ricordiamo), è chiamata chi o ki.

10 di questi meridiani principali prendono il nome dell’ organo che attraversano, e vengono divisi in coppie al fine di formare delle coppie coerenti nelle loro funzioni.

Nella Legge dei 5 Elementi ogni cosa viene correlata ad uno degli elementi e, per una strana simbologia, l'aria viene sostituita dal metallo.

ELEMENTO ORGANI
Metallo: polmoni/intestino crasso
Acqua: reni/vescica
Legno: fegato/cistifellea
Fuoco: cuore/intestino tenue
Terra: stomaco/milza-pancreas

Quindi gli stress che abbiamo visto prima:
Tossine
Elettrosmog
Stress emotivo

Possono bloccare in un elemento il Ki che circola nei Meridiani; in questo caso si creerà una congestione (Sovra-stress), l'energia aumenterà e creerà una problematica calda.
(Es: Dolori, infiammazioni, mal di testa, nervosismo)

Questo provocherà una mancanza di energia nel Meridiano successivo (Stress) che indebolirà l'organo da lui alimentato creando una problematica fredda.
(Es: Intestino pigro, problematiche della pelle, ritenzione idrica, obesità ecc….)

Quindi la vera soluzione è quella di contrastare le interferenze distruttive cioè gli stress con le interferenze costruttive e cioè le buone vibrazioni, quindi sottoporre il nostro corpo alle giuste Bio-frequenze.
Noi siamo fatti di materia, la quale è ENERGIA compressa e questa Energia è controllata da Informazioni, anzi dato che l'Energia si esprime in Onde, le quali si differenziano per Frequenza, allora le informazioni (Bio-frequenze) sono l'essenza dell'Energia!

Quindi qualsiasi problematica dipende da un squilibrio Energetico, il quale è causato da scorrette Informazioni.
Queste Biorequenze sono la vita, poiché se sono corrette allora la Biofisica (campo energetico) e la Biochimica (Molecole) dei nostri organismi sono e rimangono corrette. Queste ci permettono di vivere in un perfetto equilibrio, fisico energetico e psichico.

Ora, solo dopo queste conoscenze (che ti ricordo, ci sono voluti anni di studi per mettere insieme) sei pronto per conoscere le soluzioni più concrete e soprattutto le più efficaci, poiché le ho testate personalmente con migliaia di persone.

Queste avevano diverse problematiche (legate al dolore, all’estetica, allo sport e allo stress psico-fisico). Per quasi il 100% dei casi si è raggiunto il Pieno Equilibrio Energetico dei 5 elementi (M.T.C.) e quindi un netto miglioramento dei problemi e in alcuni casi la loro immediata scomparsa.
Ti ricordo che per riequilibrare l’Energia Vitale e mantenere l’equilibrio Energetico, bisogna trovare e rimuovere le vere cause (fattori ansiogeni) che hanno generato lo squilibrio e che possono minare lo stato di benessere.

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